Pubblichiamo questo tardo-gotico racconto “cavalleresco” inviatoci dal Fratello che si firma “Cavaliere Errante”. A prescindere dalle nostre valutazioni in merito e da alcuni accenni piuttosto evidenti a recenti accadimenti intercorsi tra la Massoneria azzurra dei tre gradi di Palazzo Giustiniani (G.O.I.) e il Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico ed Accettato, riteniamo che ognuno potrà farsi le proprie opinioni personali, come si conviene a persone “libere e di buoni costumi”. Per parte nostra, comunque, ribadiamo quanto già dichiarato nella Sezione di questo Sito, denominata In Difesa del Rito Scozzese Antico ed Accettato. Senza “se” e senza “ma”, ci professiamo “Cavalieri” disposti a batterci per l’onore e la libertà di tutti i Fratelli Scozzesi. Contro ogni intimidazione, vessazione e discriminazione che dovesse essere promossa dalla premiata ditta “Raffi & Abramo”. E contro qualsiasi “resa interna” che possa “disonorare” la gloriosa storia del Rito suddetto. LA REDAZIONE.
I PROTOCOLLI DI “RESA”
del Fratello “ CAVALIERE ERRANTE”
Sempre nell’Anno Domini 2010 gli episodi di coraggio dei cavalieri non si contavano.
In particolare, quelli di un cavaliere di Scozia ardimentoso e con la proverbiale sfrontatezza che si addice ai guerrieri nell’affrontare le situazioni più pericolose.
Egli, Sovrano di tutti i Cavalieri di Scozia, non poteva certo temere un misero artigiano, pur il migliore ed il più Grande tra loro, ma pur sempre un povero artigiano.
Pensate che ardimento l’artigiano: osò sfidare il migliore dei Cavalieri dichiarando di disconoscere l’Ordine della Cavalleria, di non mandargli più suoi sottoposti che avessero voluto intraprendere l’arte del coraggio in battaglia. Mai si era visto un simile affronto.
Mai si era visto un artigiano più ardimentoso e coraggioso di un cavaliere.
Tutti aspettavano la scontata reazione del Cavaliere che ne avrebbe fatto “polpette”.
Già si vedevano scintillii di lame sul suolo ardente del campo di battaglia. Già si immaginava la cavalleria fare strame dei poveri artigiani a piedi e armati di soli martelli e buona volontà. Chi non considerava l’impari lotta, chi non provava sentimenti di pietà per i poveri artigiani, chi non pensava di chiedere clemenza al più Grande dei Cavalieri di Scozia.
Perché tale schiaffo al nobile casato cavalleresco da parte del capo degli artigiani? Ebbene sì, il nobile casato aveva osato, nella lotta per l’elezione del capo degli artigiani, schierargli contro un cavaliere. Quale intrusione nella sfera altrui, quale smania di potere assoluto aveva pervaso la cavalleria: volere anche il potere sull’artigianato. Un po’ troppo anche per i più tolleranti.
Ed allora, appena eletto, il Capo degli artigiani provvide immediatamente a rendergli la pariglia. Passarono mesi senza nuove adesioni alla cavalleria, mentre le truppe artigiane rinfoltivano sempre più i loro ranghi. Il Capo dei Cavalieri, pensa che ti ripensa, quasi per un moto di clemenza, ritiene di intavolare una trattativa pur di non veder sopraffatti gli “inermi” mestieranti.
Il Sommo Cavaliere, oltre ad essere maestro nell’arte della guerra, è anche un fine stratega nell’arte della trattativa. Iniziano quindi i conciliaboli preceduti dai messaggeri e dagli ambasciatori. L’artigiano accusa il cavaliere di grave interferenza nei fatti del mestiere. Il Cavaliere respinge tale affronto.
Allora l’artigiano, dopo estenuanti trattative, “spara” la richiesta definitiva e risolutiva: “ se vuoi che io continui a mandare artigiani forti e vigorosi nel tuo ordine cavalleresco, da oggi in poi non dovrai più interferire nel mio sodalizio e, a tal fine, ti propongo un protocollo, un protocollo d’intesa”.
Il solerte segretario tirò fuori le carte da sottoscrivere. Condizione principe: da oggi nessun cavaliere di lignaggio che occupi posizioni preminenti nell’ordine cavalleresco, potrà più candidarsi a sommi incarichi nella fratellanza di mestiere. Tutti si aspettavano che il Sommo Cavaliere a simile affronto sguainasse la spada, anche perché egli è famoso per il suo temperamento poco incline al compromesso. Tutti osservarono, ma questa così come messa ribalta completamente la questione: da presunta interferenza nell’ordine di mestiere diventa una palese interferenza nella cavalleria. Ma questa non è un’intesa, è una capitolazione senza scampo. Quale onta per la cavalleria. Tranquilli, il cavaliere non firmò. Chiese la classica pausa di riflessione.
Andarono via tutti convinti che il più Grande dei Cavalieri non avrebbe mai chinato la schiena.
Passò del tempo e la delusione serpeggiò tra i cavalieri, allorché appresero che la condizione capestro era stata sottoscritta dal Sommo Cavaliere: era sì un protocollo, ma il protocollo della resa.
Tutti riposero le spade, la mestizia cominciò ad albergare tra i cavalieri, lo sconforto si infiltrò nelle loro fila.
Il Sommo Cavaliere diventò succubo dell’artigiano e questi gli donò la sua amicizia e pretese cavalieri di sua assoluta affidabilità negli scranni più importanti della cavalleria.
Morale: nella stagione delle interferenze c’e sempre uno più interferente che ti conquista.
Il FRATELLO “CAVALIERE ERRANTE”.