La verità è una scelta, non un’opinione
Pubblichiamo il seguente contributo di Soror Indis:
“La verità è semplice, più complicato è accettarla. L’essere umano comune sceglie la via di minor resistenza, perciò se la verità non è corrispondente alle sue aspettative, accetta la falsità che maggiormente si avvicina ad esse, dichiarandola verità. Accade questo perché la mente umana è maldisposta a modificare le memorie sub consce, poiché comporta una fase di caos mentale che disgrega una parte di cosmo individuale fornitore di stabili certezze. Più facile è considerare una bugia, perché regala sempre un motivo per lamentarsi, giudicare, incolpare, giustificando una mancata volontà di conoscenza approfondita, esperienza personale, ricerca.
La verità è un’enorme responsabilità, sia per chi la vive, sia per chi la racconta, ancor più per chi l’accetta. La verità è una scelta, mai un’opinione da incasellare in mi piace o non mi piace; è concreta e può essere raccontata solamente da chi ha vissuto in prima persona quell’esperienza. Essa è sia oggettiva, sia soggettiva; oggettiva poiché definisce qualcosa per quella che è e richiama il concetto di realtà o Verità con la V maiuscola; soggettiva poiché è la modalità con cui quell’individuo ha esperito e questa è la parte personale, ovvero definita dall’attività dei cinque sensi informativi e dei cinque sensi dell’azione, coadiuvati dalla chimica corporea delle emozioni e dei sentimenti.
«La verità ha un linguaggio semplice e non ha bisogno di complicarlo», Euripide.
Vivere nella verità è semplificare il tutto, poiché nessuna energia è impiegata per rammentare un racconto falso; la verità è esperienza personale e quelle memorie spontaneamente diventano parte del subconscio, mentre con una bugia è necessario forzare l’ingresso delle memorie usando la ripetizione mentale come mezzo.
Nessuna facilità nell’essere veri, ma diviene semplicità scegliendo l’essere all’apparire e il fare all’avere. Raccontare falsità è il tentativo subdolo di velare l’essenza a favore di una copertura appositamente e coscientemente manipolata.
Complicare il linguaggio è rimuovere la spontaneità della narrazione, ricercando modalità convincenti. Dover convincere è celare qualcosa a favore di altro. Il tentativo di ricercare modalità di convinzione si traduce in costante interpretazione per tradimento nei propri confronti. Complicare il linguaggio per comunicare è mentire a se stessi.
«La semplicità e la verità sono le sole cose che contano veramente. Vengono da dentro. Non si può fingere», Audrey Hepburn.
Come appena scritto, la vita è semplice quando è vera e rappresenta la spontaneità, l’espressione dell’essere. La spontaneità è impulso interiore che muove all’esterno, ma senza un’esteriore cagione spingente. Tutto questo è manifestazione di vita e gioia che induce attenzione a sé nel compiere l’individuale missione esistenziale su questo piano.
«La verità trionfa da sola, la menzogna ha sempre bisogno di complici», Epitteto.
La vita è semplice quando nessun intervento esterno è necessario. E così, la verità è stabile, definita e coerente a sé. La bugia, per avere fondamento, esige sostegni, incastri forzati, mescolamento di incoerenze e continue spiegazioni, innesti narrativi, invenzioni, omissioni e opere mal attuate.
La verità vince per capacità intrinseca, mai per aiuti esterni, spesso secretati e intrisi di scorrettezza. In due modalità è possibile raggiungere la vetta della montagna: con le proprie forze (modalità più lenta) o con un elicottero (modalità veloce). Mentre nel primo caso è la conquista di un’esperienza potente personale reale e vera, la seconda modalità è fittizia, esattamente come verità e falsità travestita da verità.
«Non troverai mai la verità se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspettavi di trovare», Eraclito.
La verità è rifiutata per mancata accettazione del torto, ovvero il possedere un’idea radicata che non si vuole assolutamente rimuovere. Aver torto è il passato di torcere, perciò qualcosa appartenente a un tempo inesistente; l’idea è piegata attorno a un perno e osservata da un’unica angolazione prospettica considerando tale visione bidimensionale come certezza di integrità.
In realtà, mai la verità corrisponde a un’idea, tantomeno a un’immagine personale, individuale. Verità e aspettative non corrispondono e le seconde rimbalzano l’accoglienza. In ogni settore della vita, ognuno sperimenta il caos generato dalle aspettative, con l’aggiunta spesso di nebbia e distorsione, poiché la valutazione avviene secondo gli individuali codici psico-emotivi isolando la connessione al linguaggio di chi esperisce.
Eliminare le aspettative permette di comprendere la verità perché sintonizzati sulla stessa frequenza. Il rifiuto all’accettazione è azione di un ego in fase di formazione. Accogliere il diverso significa distruggere una parte di personalità e ricominciare; è faticoso farlo preferendo l’allontanamento del nuovo a favore di un vecchio illogico e anacronistico. L’ego stabilisce chi desideriamo essere a partire dall’apparato psico-fisico; l’accettazione del diverso è la disgregazione di una parte dei sogni: inaccettabile dall’ego.
«Chi non conosce la verità è sciocco, ma chi pur conoscendola la chiama menzogna è un criminale», Galileo Galilei.
Lo sciocco è una persona ingenua, inesperta e ignara. Nessuna intenzione di infliggere danni le appartiene. Chi, invece, conosce la verità etichettandola falsa, favorendo la cristallizzazione del proprio ego, commette un crimine, poiché cosciente e consapevole della colpa in quell’azione che crea danni ad altri individui.
L’azione subdola del criminale, lucida nell’intento, è attuata nel rafforzamento del personale potere, distruggendo il palazzo del vicino invece di costruire il proprio, omettendo di considerare che, così facendo, entrambi rimangono senza dimora. È intollerabile qualsiasi informazione che instilli dubbi, contrassegnandola falsa.
La verità è affermata solamente a proprio favore, altrimenti, un crimine per il bene personale è preferibile a una verità favorente la comunità. L’io domina sul noi. I criminali più efferati sono coloro che mentono costantemente a se stessi di se stessi.
«Chiunque voglia sinceramente la verità è sempre spaventosamente forte», Fedor Dostoevskij.
La forza trasmuta in sincero potere con la verità; essa è il mezzo, l’unico mezzo. La verità è l’espressione dell’esperienza individuale, è manifestazione di sé sul piano concreto, la forza alimentata dal fuoco alchemico, il fuoco che infonde vita alle azioni mirate, specifiche.
Volere la verità è mettersi sempre in dubbio, avere il coraggio di spogliarsi di ogni tossina e inquinante che frenano l’evoluzione. Essere se stessi è forgiatura di un involucro capace di discernere tra vero e falso e di scegliere il vero, mai ciò che piace. Il piacere è dei sensi, la verità dell’anima.
L’evoluzione è l’atto di accogliere la verità e agire conseguentemente. Un uomo vero è inattaccabile, indistruttibile, integro, immortale, poiché nulla può scalfirlo.
«Ogni falsità è una maschera e, per quanto la maschera sia ben fatta, si arriva sempre, con un po’ di attenzione, a distinguerla dal volto», Alexandre Dumas Senior.
Ogni essere umano ha una propria personalità costituita da tanti “io” simboleggianti la frammentazione del sé; quando uniti rappresentano l’integrità, se divisi ognuno è una maschera che l’individuo decide di indossare discernendo accuratamente l’occasione congrua. La maschera è l’involucro, il volto è l’anima; un involucro è distinto dall’essenza, la copre, la protegge, ma mai la sostituisce.
Conveniamo che la maschera è falsa identità, anzi è identificazione con il non vero. La verità si svela col volto messo a nudo, più ancora con gli occhi. In effetti, la maschera può celare anche tutto il volto, mai però gli occhi; osservando attentamente è sempre possibile discernere tra menzogna e verità.
Gli occhi sono i testimoni e, come tali, sono imparziali, sono il divino, la luce che sempre illumina la verità nell’oscurità, ma senza accecare. Essendo in numero di due, ponderano le informazioni ricevute dalla visione e valutano l’osservato in perfetto equilibrio.
«La verosimiglianza è un qualcosa di intermedio tra verità e bugia. È qui che l’inganno trova compimento», Stefano Nasetti.
La verosimiglianza è un grande inganno, poiché è né verità, né menzogna, ma caos di entrambe, ovvero la menzogna indossa gli abiti splendenti della verità e la verità è costretta ad indossare gli abiti oscuranti della menzogna. Mentre la menzogna va orgogliosa dei vestiti e li ostenta nell’essere in prima fila, la verità, vergognandosi di quelli che la coprono, si nasconde. L’alternativa è girare nuda, indignando la maggior parte della gente. Ed è così che scopriamo che non tutto è oro quel che luccica e che, se lo vogliamo, è necessario cercarlo nelle miniere buie e profonde.
La verosimiglianza può ingannare i più, ma non chi sa cogliere l’essenziale e l’essenziale, come ci ricorda il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupérie, è invisibile agli occhi, io aggiungo dei profani, ma ben chiara a chi sa utilizzare la luce nella giusta intensità.
«La maggior parte delle persone non cerca verità che si possono dimostrare. La verità in molti casi, come ha detto lei, comporta sofferenza. E quasi nessuno vuole soffrire. Quello di cui le persone hanno bisogno è una storia bella e piacevole, che renda la loro esistenza un po’ più significativa», Haruki Murakami.
Meglio una bella bugia piuttosto di una brutta verità. Le persone comuni chiedono verità, intendendo con questo termine una narrazione affermante le loro opinioni. Ma la verità non è un’opinione. Abbiamo già descritto come le aspettative siano dannose, perché innescano processi di ricerca continua di invenzioni che combacino da un lato. La sofferenza è confusa con la menzogna, mentre si soffre proprio nel respingere la verità.
Una piacevole storia alimenta l’inganno, l’ombra; una vita significativa non è indossare una bella scatola regalo, ma essere il meraviglioso regalo che rimane celato fino al momento opportuno per essere scartato.
Vivendo costantemente nell’apparenza, bella e piacevole, si rimane vuoti e quel vuoto vuol essere riempito di qualsiasi cosa sia bello agli occhi della scatola, come carta e fiocchi, ma questi mai riceveranno il valore del regalo, il quale è meraviglioso anche senza pacco.
L’apprezzamento esteriore mai equivale al valore interiore. Il prezzo è sempre un inganno, il valore è la verità, perché il primo è omologato, il secondo è individuale.
«Le verità scientifiche non si decidono a maggioranza», Galileo Galilei.
La verità decisa per alzata di mano non può essere tale, mai. La verità va ricercata, valutata, analizzata. La verità non è un’opinione, è esperienza diretta, è testimonianza percettiva imparziale da ogni angolo, è visione globale, è mettere ogni tassello al suo posto e, se ne manca qualcuno, lo si cerca e mai va sostituito con uno simile, perché falsa la verità.
La narrazione che meglio risuona con la personalità non è indice di verità, ma è indice di chi si è. La verità è una scelta, ma non la scelta di ciò che fa più comodo, la scelta di scoprirla e accettarla per ciò che è.
«L’uomo deve capire e ricordare che la verità non può mai venire scoperta tutta, ma si rivela soltanto a coloro che la cercano e non credono a tutto ciò che gli dicono intermediari falsamente “santi”, i quali pensano di possederla», Lev Tolstoj.
La verità è un’esperienza personale, è un viaggio interiore che può essere affrontato solo individualmente. La verità si presenta a piccole dosi, perché è importante riconoscerla, viverla, e per questo è necessario lo sviluppo dell’opportuno tempo, diverso per ognuno.
Credere per evitare di dedicare tempo ed energie, conduce ad un’esistenza di privazione essenziale, dell’identità, mancanza di obiettivi e dipendenza dall’altrui verità. È questo un momento propizio per i falsi profeti e, se crediamo anziché ricercare, avremo continuamente una realtà distorta che non combacia con le nostre opinioni. Ma noi siamo fatti per essere verità, non un insieme di opinioni.
La ricerca è sacrificio, ma il risultato è l’integrità, è la sacralizzazione di noi stessi.
«È reale cogliere la verità nell’istante, perché la verità non ha futuro», Bruce Lee.
Essendo la verità esperienza personale, va contestualizzata in un tempo e in un ambiente ben definiti. Ciò che è vero per me in questo preciso istante, può diventare falso tra un’ora per intervento di nuove informazioni.
È sempre bene comprendere che l’assoluto, nel nostro paradigma, è inesistente. Viviamo in un mondo relativo, per questo la ricerca della verità non ha mai fine e, dunque, non può essere un’opinione.”
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[ Articolo del 16 febbraio 2021 ]